Il Rifugio

IL RIFUGIO, LA NASCITA

Ulmino non è figlio di un progetto elaborato a tavolino ma è il frutto di una serie di eventi che lo hanno portato ad essere quello che è oggi.

Era il settembre del 1989 quando, dopo ricerche durate quasi due anni, Ezio acquistò un terreno di 31.000 mq. con l’obiettivo di dare una casa ai suoi cavalli.

L’anno successivo, seppure con molte perplessità, installò una scuderia che avrebbe dovuto ospitare la decina di cavalli che c’erano in quel momento (negli anni a seguire il numero di cavalli arrivò fino a 15), nonostante già allora nutrisse la convinzione che la natura del cavallo fosse incompatibile con il suo contenimento in un box.

La scuderia rimase infatti inutilizzata poiché subito dopo costruì nel terreno ampi paddock con tettoie chiuse sui tre lati dove far vivere i cavalli in libertà, al riparo dai pericoli ma con la possibilità di esprimere la loro natura senza inutili costrizioni.

Non sapeva nulla di cani e non ne aveva all’epoca. Conosceva però una persona di Riccione che aveva un levriero e con lui andò a visitare un allevamento di Ravenna.

Fra tutti i cuccioli uno soltanto non si muoveva e non sembrava interessato ad attirare l’attenzione degli umani; era un “fifone”, dissero.

Ezio lo prese in braccio e semplicemente lo portò a casa.

Quel cane era Ulmo, il solo cane che Ezio abbia mai acquistato, a 400.000 delle vecchie lire.

Nasceva, senza che nemmeno se ne stesse rendendo conto, Ulmino.

Dopo Ulmo arrivò Prick.

Prick era un meticcio, fece la sua comparsa nel luogo dove Ezio lavorava, indossava un collare troppo stretto, di cuoio, probabilmente si era bagnato e asciugandosi si era ristretto al punto di procurargli ferite e abrasioni gravi al collo, così gravi che per un bel po’ di tempo faticò anche a mangiare.

Ora sarà a tutti più chiara la genesi del nome “Rifugio del Prick e dell’Ulmo”, dove “rifugio” iniziava ad assumere il significato di “posto sicuro”, o meglio CASA.

Iniziare ad occuparsi di cani significò per Ezio entrare in un’altra dimensione; a quei tempi (e purtroppo ancora oggi in molte zone) si vedevano quasi solo cani alla catena o in serragli piccoli e inadeguati; realtà deprecabili ma ritenute accettabili dalla maggioranza delle persone. Il “sentire” nel profondo che quelle erano condizioni crudeli e innaturali ha fatto sì che Ezio fin dall’inizio tenesse i cani liberi.

L’animale deve poter fare quel che vuole, quello per cui istintivamente è nato; questo vuol dire rispettare la sua natura ed è la massima forma di amore cui si possa pensare.

L’inutile scuderia divenne allora ricovero per i primi cani che iniziarono ad arrivare, ricovero ovviamente utilizzato nei momenti di assenza di Ezio; per tutto il resto del tempo i cani erano liberi di scorrazzare sul terreno e non solo.

Hanno cominciato quindi a correre in totale libertà e sicurezza oltre ai cavalli anche cani, gatti, caprette, certi di aver finalmente trovato la loro casa.

Si continuava, in quegli anni, a dare ascolto alle emergenze del territorio e, a mano a mano che accoglieva nuovi cani, a Ezio fu chiaro che la scuderia poteva andare bene solo come ricovero temporaneo per loro: iniziò così a prendere forma l’idea di una struttura più adeguata che li potesse ospitare in sicurezza anche in sua assenza.

Alla fine degli anni ‘90 inizia la costruzione del Rifugio nella parte alta del terreno: 60 mt. lineari di box in linea, ognuno dei quali dotato di ampi recinti in erba.

La struttura venne completata nel 2001 arrivando ad ospitare fino a 120 cani.

Quando Ezio era presente tutti i cani erano liberi di andare ovunque, anche allontanarsi, non avendo, per scelta, una recinzione perimetrale del terreno.

Verso la fine del 2002 il tempo dei cavalli giunse al termine; era arrivato il momento di concentrare tutti gli sforzi sui cani, sul loro benessere e sulle loro esigenze.

Nel 2003, complice il neonato sito di Ulmino, Ezio conosce Betty, che all’epoca viveva in provincia di Rieti: un incontro che imprime una svolta fondamentale al futuro del Rifugio e che lo porta a scoprire realtà neanche troppo lontane ma di cui ignorava l’esistenza.

Nel gennaio 2004 Betty entrò, quasi per caso, nell’allora semisconosciuto canile-lager di Rieti; iniziarono racconti notturni impietosi, mail sempre più dettagliate, foto brutalmente esplicite.

Il 31 maggio Ezio decide che era venuto il momento di vedere e assieme a Betty varca la soglia del canile di Rieti entrando in un inferno di 1200 cani, ammassati, invisibili, malati, disperati, rassegnati, umiliati.

Quel momento segnò la svolta, il punto di non ritorno: quando vedi il male non puoi tornare indietro anche se non sai cosa ti aspetta.

Fu allora che i loro due mondi, simili ma lontani 300 km, si unirono in una direzione comune e condivisa; il percorso iniziato 15 anni prima, ancora così sfumato, prese una forma precisa e si delineò quella che sarebbe stata la mission di Ulmino: aiutare gli ultimi, i senza speranza, gli scarti, i reietti.

Il passato e le esperienze di entrambi avrebbero rappresentato la base per le scelte future, accogliendo tutti quei cani, anziani e malati, “invisibili”, che da un canile non sarebbero usciti che in un sacco nero.

Si rese allora necessario pensare ad una nuova struttura, una struttura che consentisse ai cani una vita libera, serena, senza alcuna coercizione, dando ad ognuno la possibilità di scegliere, nel rispetto della loro natura, anche individuale, ma in totale sicurezza per proteggere le loro fragilità.

Arriviamo al 2009: si decide di recintare i 31000 mq. (un chilometro perimetrale) e si iniziano a realizzare le prime casette così come si presentano ora, con area circostante delimitata e protetta, l’infermeria, la cucina, l’area dove i più deboli potessero condurre la loro vita in totale sicurezza.

Nel 2024 (a 15 anni dall’inizio dei lavori), con la realizzazione della nuova ala del ricovero anziani non autosufficienti, possiamo dire di aver completato una struttura che mira a garantire le migliori condizioni di vita per i cani.

Oggi Ulmino consta di:
– 13 casette recintate
– 1 cucina
– un’infermeria
– un’area per cani non autosufficienti
– 1 casetta per i cavalli/somari
– 1 rimessa per le attrezzature
– 1 container/deposito per coperte e materiali
– la scuderia (dove i cani che scelgono di vivere sempre liberi vanno a ripararsi la notte)
– la casa dove ospitiamo i troppo anziani e/o coloro che necessitano di essere monitorati h. 24.

Ogni struttura è pensata e volta al benessere dei cani, che sono liberi di scegliere, nel momento stesso in cui varcano la soglia di Ulmino, la soluzione più appropriata alla loro natura e che dà loro sicurezza.

Oggi Ulmino ospita un’ottantina di cani, molti dei quali anziani, malati, disabili, rifiutati in un modo o nell’altro: un variopinto, eterogeneo, gioioso gruppo di cani che vive libero in un angolo di mondo sulle colline Riminesi.

«Ulmino non accetta animali su richiesta: sappiamo quanti avrebbero bisogno, noi stessi affrontiamo emergenze che però non possiamo risolvere come Ulmino: non possiamo salvare il mondo. Proprio perché siamo noi a conoscere il nostro universo con i suoi equilibri, ci riserviamo la “presunzione” di decidere chi accogliere, in base alle nostre possibilità e alla composizione del gruppo, per non minarne la serenità così duramente conquistata.

Per etica non abbiamo mai chiesto e non ci aspettiamo compensi per i cani che accogliamo e le nostre scelte sono libere dai condizionamenti economici e dalle logiche che animano la comunicazione moderna spesso incline alla strumentalizzazione e al sensazionalismo.

Libertà, cibo, cure, attenzione costante, rispetto per le loro scelte e amore, questi sono gli ingredienti di Ulmino.

Non sappiamo dire se il Rifugio di oggi sarà anche il Rifugio di domani, ma sappiamo per certo che “una cosa fatta bene può essere fatta meglio domani”.

Il nostro compito è esserci e “ascoltare” i loro bisogni, restituire loro dignità e una vita che possa definirsi tale.

Siamo due persone normali, di cui una completamente dedita al rifugio e l’altra con un lavoro normale a tempo pieno, senza super poteri, che hanno scelto di dedicare tutte le proprie risorse, economiche, fisiche e psicologiche ai cani che ospita.

Da parte nostra, mia e di Betty, continueremo ad ascoltare le richieste di aiuto e cercare di rendere possibile ciò che superficialmente sembra impossibile, a spenderci per i nostri ragazzi, a prenderci cura delle loro ferite del fisico e dell’anima: buon cibo, cure, libertà e amore: questo possiamo assicurare pensando sempre che tutto si può migliorare.

A questo è dedicato il nostro impegno che è massimo; l’esperienza ci aiuta a diminuire gli errori che inevitabilmente accadono, ma rispetto ai quali ci impegniamo a rilanciare sempre nonostante la stanchezza del cuore suggerirebbe altro.

È ciò che abbiamo sempre fatto, è ciò che continueremo a fare, fino alla fine, perché quando hai un obiettivo in cui credi non fallisci se non lo raggiungi, fallisci se non ci provi».

Ezio&Betty
Ulmino